Convitto

- In Italia in molte regioni i corsi scolastici erano un appannaggio esclusivo delle organizzazioni cattoliche: alcuni ordini come i Gesuiti, gli Scolopi, i Barnabiti, i Somaschi avevano lunghe tradizioni di collegi, che si rivolgevano in prevalenza alla formazione ecclesiastica e all'educazione dei figli delle famiglie nobili o dell'alta borghesia, ma con alcune eccezioni in cui erano aperte anche a persone di estrazione più umile
- Con l'unità d'Italia nel 1861 si tentò di sottrarre alla Chiesa il quasi monopolio e si moltiplicarono le istituzioni di Convitti nazionali laici, in molti casi anche materialmente collocati in edifici prima appartenuti ad enti ecclesiastici e demanializzati dopo le leggi per eversione
- I convitti nazionali rappresentarono l'aspetto più interessante in materia di istruzione e, sia pure in misura insufficiente, permisero una certa mobilità sociale


- La riforma Gentile della scuola del 1923 dava grande risalto ai convitti nazionali che hanno avuto il periodo di massimo splendore proprio nell'epoca fascista
- Nei momenti del loro massimo fiorire, i convitti costituirono una rete molto articolata e suddivisa nelle diverse province
- Per i convitti passò praticamente tutta la classe dirigente italiana nei diversi aspetti: culturali artistici, politici
- Alcuni degli allievi (ad esempio Gabriele d'Annunzio, allievo del Cicognini di Prato o Giuseppe Mazzini, allievo del Colombo di Genova) vengono ancora ricordati proprio per la loro esperienza di convittori
- Il Testo unico in materia di istruzione del 1994 (decreto legislativo 297) all'art. 52 prevede “la graduale soppressione dei convitti nazionali che accolgono meno di 30 convittori o semiconvittori”

il Convitto nazionale Umberto I - Torino

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